filastrocche
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La palma della mano
i datteri non fa,
sulla pianta del piede
chi si arrampicherà?
Non porta scarpe il tavolo,
su quattro piedi sta:
il treno non scodinzola
ma la coda ce l’ha.
Anche il chiodo ha una testa,
però non ci ragiona:
la stessa cosa capita
a più d’una persona!
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Filastrocca impertinente,
chi sta zitto non dice niente,
chi sta fermo non cammina,
chi va lontano non s’avvicina,
chi si siede non sta ritto,
chi va storto non va dritto,
e chi non parte, in verità,
in nessun posto arriverà.
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S’io avessi una botteguccia
Fatta d’una sola stanza
Vorrei mettermi a vendere
Sai cosa? La speranza.
“Speranza a buon mercato!”
Per un soldo ne darei
Ad un solo cliente
Quanto basti per sei.
E alla povera gente
Che non ha da campare
Darei tutta la mia speranza
Senza farla pagare.
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O cenciaiolo, che hai nel sacco?
“Una scarpa senza tacco,
un vecchio abito da sera
con più buchi del groviera,
un tamburo senza pancia,
un piattino senza mancia,
una giacca senza bottoni,
una bretella senza calzoni,
e in fondo in fondo, col naso per terra,
un ministro della guerra”
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Io so i colori dei mestieri:
sono bianchi i panettieri,
s’alzano prima degli uccelli
e han la farina nei capelli;
sono neri gli spazzacamini,
di sette colori son gli imbianchini;
gli operai dell’officina
hanno una bella tuta azzurrina,
hanno le mani sporche di grasso:
i fannulloni vanno a spasso,
non si sporcano nemmeno un dito,
ma il loro mestiere non è pulito.
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Io so gli odori dei mestieri:
di noce moscata sanno i droghieri,
sa d’olio la tuta dell’operaio,
di farina sa il fornaio,
sanno di terra i contadini,
sul camice bianco del dottore
di medicine c’è un buon odore.
I fannulloni, strano però,
non sanno di nulla e puzzano un po’.
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Dal primo all’ultimo vagone
è tutto nero di carbone,
ma affacciato a uno sportellino
c’è il muso bianco di un vitellino.
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Un signore di Scandicci
buttava le castagne
e mangiava i ricci.
Un suo amico di Lastra a Signa
buttava i pinoli
e mangiava la pigna.
Un suo cugino di Prato
mangiava la carta stagnola
e buttava il cioccolato.
Tanta gente non lo sa
e dunque non se ne cruccia:
la vita la butta via
e mangia soltanto la buccia.
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Ho visto una formica
in giorno freddo e triste
donare alla cicala
metà delle sue provviste.
Tutto cambia: le nuvole,
le favole, le persone…
la formica si fa generosa….
È una rivoluzione!
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Una volta le galline trovarono la volpe in mezzo al sentiero. Aveva gli occhi chiusi, la coda non si muoveva. – è morta, è morta, - gridarono le galline. –Facciamole il funerale-. Difatti suonarono le campane a morto, si vestirono di nero e il gallo andò a scavare la fossa in fondo al prato. Fu un bellissimo funerale e i pulcini portavano i fiori. Quando arrivarono vicino alla buca la volpe saltò fuori dalla cassa e mangiò tutte le galline. La notizia volò di pollaio in pollaio. Ne parlò perfino la radio, ma la volpe non se ne preoccupò. Lasciò passare un po’ di tempo, cambiò paese, si sdraiò in mezzo al sentiero e chiuse gli occhi. Vennero le galline di quel paese e subito gridarono anche loro: -è morta, è morta! Facciamole il funerale-. Suonarono le campane, si vestirono di nero e il gallo andò a scavare la fossa in mezzo al granoturco. Fu un bellissimo funerale e i pulcini cantavano che si sentivano in Francia. Quando furono vicini alla buca, la volpe saltò fuori dalla cassa e si mangiò tutto il corteo. La notizia volò di pollaio in pollaio e fece versare molte lagrime. Ne parlò anche la televisione, ma la volpe non si prese paura per nulla. Essa sapeva che le galline hanno poca memoria e campò tutta la vita facendo la morta. E chi farà come quelle galline vuol dire che non ha capito la storia.
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La mia mucca è turchina
si chiama Carletto
le piace andare in tram
senza pagare il biglietto.
Confina a nord con le corna,
a sud con la coda.
Porta un vecchio cappotto
e scarpe fuori moda.
La sua superficie
non l’ho mai misurata,
dev’essere un po’ meno
della Basilicata.
La mia mucca è buona
e quando crescerà
sarà la consolazione
di mamma e di papà.
(Signor maestro, il mio tema
potrà forse meravigliarla:
io la mucca non ce l’ho,
ho dovuto inventarla.)