143. Perché non mi fai una poesia per Natale?

Quest’anno mi voglio fare

un albero di Natale

di tipo speciale,

ma bello veramente.

Non lo farò in tinello, lo farò nella mente,

dove non c’è soffitto

e l’albero può crescere

alto alto, dritto dritto,

quanto gli pare,

con centomila rami

e un miliardo di lampadine

e tutti i doni che non stanno

nelle vetrine:

un raggio di sole

per il passero che trema –

un ciuffo di viole

per il prato gelato –

la soluzione giusta del problema

più complicato

per lo scolaro debole in aritmetica –

un aumento di pensione

per il vecchio pensionato –

lo stipendio raddoppiato al professore di storia

e l’olio a buon mercato.

E poi giochi, giocattoli, balocchi

quanti ne puoi contare

a spalancare gli occhi:

un milione, cento milioni

di bellissimi doni

uno più gratis dell’altro,

e al posto dei cartellini

zeppi di numeracci

i nomi dei bambini

che non ebbero mai

un regalo di Natale,

e per loro ogni giorno all’altro è uguale,

e non è mai festa.

Perché se un bimbo resta senza niente,

anche un solo, piccolo

che piangere non si sente

e sta chissadove,

Natale è tutto sbagliato,

da rifare per bene,

come una divisione se non viene

la prova del nove.

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