A è l’ancora che tiene
prigioniera la nave
con le ferree catene;
B è un grande bastimento
che disegna nel turchino
una strada d’argento;
C è certo il comandante
che studia la sua rotta
sulle pagine dell’atlante;
D è il diario di bordo
che di mille viaggi
serba i nomi e il ricordo!
E è l’elica profonda
che vorticosa gira
e doma, e vince l’onda;
F è il fumaiolo
che in cielo traccia un nero
capriccioso sentiero;
G è il candido gabbiano,
bianca vela dell’aria,
fratello dell’albatros
e della procellaria;
I è l’Italia con i suoi mari,
coi suoi golfi turchini
e le spiagge dove raccogli
conchiglie e sassolini;
L è un vento di libeccio,
un vento di capricci
che ti turba il cappello
e ti scompiglia i ricci;
M è il marinaio,
ha fatto il giro del mondo
il suo sguardo acuto e gaio;
N è il vecchio nostromo
che tace e pensa e fuma
la sua pipa di schiuma;
O è l’oceano immenso,
pastore di cavalloni,
che spinge senza fine
le sue greggi azzurrine;
P è il porto operoso,
dove la nave dorme
il suo breve riposo
Q è il quarto di guardia,
o sentinella, all’erta,
tu sola vegli adesso
sopra e sotto coperta;
R è la radio di bordo;
ascoltano i suoi appelli
e corrono al salvataggio
transatlantici e battelli;
S è il salvagente
che galleggia sull’onda
quando la nave affonda;
T è il timone che tiene
un vecchio lupo di mare,
e la nave mantiene
sulle invisibili strade;
U è l’urlo dell’uragano
che fa tremare ogni cuore,
non quello del capitano;
V è la vela colorata
del povero pescatore,
del feroce pirata;
Z è la zattera avventurosa
che per vela ha un lenzuolo.
Non ha timone né fumaiolo
e va sull’onda furiosa,
spinta dalla tempesta,
o immobile nella bonaccia.
Il mare, lui, minaccia
al naufrago la morte;
ma all’uomo basta una zattera
per essere il più forte.